sabato 3 marzo 2012

Serie A - Luis Enrique "Sbaglio, ma sono coerente"

Il tecnico della Roma prova a inquadrare il derby contro la Lazio: "Si tratta di una sfida speciale e sento un'atmosfera perfetta per questa occasione, ma non è la partita più importante della mia carriera. De Rossi? Per tornare vincenti serve la cura dei dettagli". 



Il primo derby non si scorda mai. E, per Luis Enrique, il motivo è spiegato anche da un bruciante ko nel finale, rimediato quando i suoi erano in inferiorità numerica già da parecchio tempo. Adesso, però, c'è l'occasione del riscatto. Domenica alle 15 la Roma sfida nuovamente la Lazio per tirarsi fuori dalle secche nelle quali è piombata dopo la pesante sconfitta di Bergamo di una settimana fa. Una sfida da dentro e fuori in ottica terzo posto, ma per il tecnico spagnolo nulla più di una "partita speciale".
NON SI GIOCA SOLO PER I TRE PUNTI - Luis Enrique conosce bene il significato del derby: "Dal primo giorno che sono arrivato so che questa è una partita molto speciale, in cui non si scende in campo soltanto per i tre punti. Tutta la nostra tifoseria aspetta questa partita e noi abbiamo l'obbligo di arrivare nelle migliori condizioni. Ma non è la partita più importante della mia carriera. Se può essere quella della svolta? Non lo so. Io mi preoccupo di quello che posso controllare. L'ho detto e lo ripeto: è una partita speciale e importante, la stiamo preparando al 100% pensando a come battere un avversario che è forte, che in classifica è davanti a noi e che sta facendo un ottimo campionato. Le difficoltà sono molte e le conosciamo. Ma sono ottimista. Il resto?
Quando vado in giro per strada, anche se non ci vado troppo, sento soltanto cose buone".
TROPPO CONVINTO? FORSE SI' - Se il derby è il tema forte del fine settimana, la tribuna di De Rossi a Bergamo è stata l'argomento cardine dei giorni precedenti. Luis Enrique non ci pensa nemmeno a fare marcia indietro: "Quando sono arrivato qui ho pensato che sapevo cosa volevo dalla mia squadra dentro e fuori dal campo e continuo a pensare lo stesso. Non voglio problemi con nessuno e sono molto vicino ai miei calciatori. Mi ricordo bene cosa significa essere un calciatore, ma questo non significa che bisogna andare d'accordo in tutto e per tutto. Io sono l'allenatore, loro i calciatori. Loro pensano prima a se stessi e poi alla squadra, l'allenatore fa il contrario. Questo può piacere o meno, ma è coerente con quello che dico da quando sono arrivato. E sarà così fino a che sarò l’allenatore della Roma: sbaglio tanto e sbaglierò, ma con la coerenza delle mie idee. Forse sono troppo convinto delle mie idee, ma sono fatto così. Quando sono arrivato ho detto che mi sarebbe piaciuto il rispetto di due cose e nessuno mi ha detto no. Per tanti è un dettaglio stupido, per me no. Per me per diventare una squadra vincente serve la cura dei dettagli".

NESSUNA PAURA DEL -10 - In caso di sconfitta, la Roma scenderebbe a questo divario impressionante dalla Lazio e quindi dal terzo posto. Ma Luis Enrique preferisce non pensarci: "Diventerebbe una stagione fallimentare? È chiaro che il giudizio su un allenatore sia sempre basato sui risultati. Ma per questo c'è tempo a fine stagione, quando mi prenderò la mie responsabilità. Io però penso che vincendo andremmo a -4 dalla Lazio. Quindi vediamo. Non so come ci arrivi la Lazio, ma qui succede sempre qualcosa e so che è importante dimenticare tutto il prima possibile: la squadra che penserà solo a fare il proprio lavoro può fare qualcosa di importante. Noi giochiamo in casa con quasi tutto lo stadio a tifare per noi. Questo è importantissimo. Sono fiducioso. Questa è stata una settimana diversa perché i giocatori erano in nazionale, ma ho visto un'atmosfera ottima, di quelle che ti portano a fare una partita stimolante. Questa è un'opportunità unica per difendere la nostra squadra e venire riconosciuti al tifo come calciatori di livello. Non deve esistere la paura".

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